Life Architetture
Studio dell’Arch. Lino Ferrieri
Via Alfani 24/r – Firenze
Mostra fotografica
di Silvana Grippi
Dal Poderaccio all’Olmatello passando dal Masini e dalle baracche verdi
Reportage dell’Archivio DEApress - foto di Silvana Grippi
20 maggio 2022 -
Presentazione e Apericena ore 19.30 offerta libera per Benefit
Un lungo viaggio nel disagio nell'acquisizione del diritto a vivere degnamente!
Il Centro socio-culturale Didattica-Espressone-Ambiente fin dagli anni novanta ha lavorato per far conoscere e integrare la popolazione Rom di Firenze. Attraverso alcune testimonianze e con la conoscenza diretta di alcune persone nei vari campi, che hanno vissuto esperienze diverse a seconda della provenienza, siamo riusciti a capire meglio gli usi e i bisogni della gente Rom. Fin dall'inizio del secolo venivano chiamati “tzigani”: questa popolazione indo-asiatica nei secoli ha camminato per percorsi tracciati come viandanti alla ricerca di luoghi più idonei per un proprio riconoscimento sociale. I Rom, oltre ad essere una comunità itinerante, con un bagaglio di usi costumi e tradizioni, per sopravvivere mettevano in atto, dove transitavano, la pratica dell’appropriazione indebita, questo, li metteva inevitabilmente in cattiva luce. Durante la seconda guerra mondiale e la messa in atto delle leggi razziali, le comunità Rom e Sinti, furono oggetto di persecuzione e deportazione nei campi di sterminio.
Tornando ai giorni nostri e alla loro presenza sul territorio fiorentino, la maggior parte di loro in fuga dall’area balcanica e dall'ex Jugoslavia in guerra (la maggioranza apparteneva al Kosovo), e furono ospitati a Firenze e si insediarono presso il quartiere dell’Isolotto, costituendo i campi del Poderaccio e dell'Olmatello (nel 1988). La loro grande comunità, da subito, trovò una certa ostilità a causa dell'immaginario comune che identificava il Rom nello 'zingaro' e tale pregiudizio era molto forte. Alcune associazioni formarono un comitato a fianco delle istituzioni fiorentine per facilitare l’integrazione e rendere più' agevole il reciproco rapporto. Furono istituiti servizi e creati aiuti da parte delle associazioni più all’avanguardia per garantire il sostegno ai bisogni primari. Questo rese possibile una rete di scolarizzazione.
“Le testimonianze che ci arrivavano da chi portava avanti questi progetti, evidenziarono varie difficoltà; molti insegnanti raccontavano che i bambini e i ragazzi non erano propensi al discorso della scolarizzazione. La nostra associazione si offrì di fare educazione all’immagine con dei laboratori didattici e ciò rese possibile una comunicazione più fluida. Questo modo di coinvolgere i giovani e la loro concezione di ''vita libera'' che appartiene alla comunità nomade ci portò a conoscerli meglio, tanto da riuscire ad creare una comunicazione diretta con le famiglie che ci permisero di entrare nelle loro realtà.
Questa gente mostrava più interesse per le attività pratiche perché questo dava loro la possibilità di “sopravvivere” e permetteva loro di rimanere legati alle loro tradizioni. Nonostante lo scarso interesse per la scolarizzazione, i rom sono comunque riusciti a mantenere una propria identità e a gestire anche la loro vita lavorativa di fuori dei campi; alcuni di loro si sono diplomati e addirittura hanno frequentato l’università.
In queste vecchie foto si evidenziano le condizioni disagiate anche a livello socio-sanitario in cui versavano i campi nomadi, grazie però alle rimostranze avanzate attraverso alcune manifestazioni, essi hanno fatto si' che le amministrazioni comunali attuassero un piano abitativo. Queste difficoltà per una collocazione in soluzioni abitative sono durate fino al 2003 quando il Comune avviò, finalmente, un piano per la chiusura definitiva dei campi del Masini prima e del Poderaccio e Olmatello in seguito La costruzione di mini appartamenti con il progetto Michelucci e la chiusura definitiva dei campi permise la collocazione organica della gente nomade, in varie zone trasformando la loro vita in “stanziale”..
Le foto, fanno parte di una “ipotesi museale” del piccolo archivio DEA, sono diventate ormai una testimonianza di una storia lontana!
Eraldo Capitini - Silvana Grippi - Samira Sharferddin
Galleria DEA – www.deapress.com – redazione@deapress.com
Share |
< Prec. | Succ. > |
---|