Esposizione fotografica di Silvana Grippi 20 maggio 2022
Finalmente Silvana Grippi ha aperto il suo archivio, pieno di storie, tenuto celato per molto tempo. Il lavoro che presenta con questa mostra copre gli anni novanta e si è svolto nei campi profughi fiorentini, dove trovarono accoglienza, ma anche molti ostacoli, Rom e rifugiati di diverse zone che fuggivano dalla guerra della ex Yugoslavia. La precarietà dei campi, in cui brulicava una vita tra baracche di legno, lamiera e cartone, ha offerto all'autrice la possibilità di documentare, col suo occhio lungimirante, un fenomeno sociale che si tendeva a nascondere. Appaiono nella loro vita quotidiana persone piene di storie passate, dai volti scavati dal malessere ma anche occhi penetranti pieni di una vita "non arresa". I bambini, le donne, gli anziani si mostrano nella loro integrità, ritratti nel loro aspetto dignitoso.
Le immagini di Silvana, che ha studiato geografia all'Università di Firenze, vanno oltre il visibile e trovano nell’apparente degrado la perla pasoliniana di un riscatto umano. La mostra ripercorre quelle che allora erano le estreme periferie fiorentine: il Campo dell’Olmatello, del Poderaccio, del Masini ed i loro villaggi, ma anche le Baracche Verdi di Don Mazzi all’Isolotto dove fu fatto l'esperimento di un Laboratorio di cucito. Silvana Grippi ha vissuto quei luoghi portando non solo la sua professionalità ma anche un’innata passione capace di rendere testimonianza, narrandone la storia attraverso i suoi scatti. La sua esperienza proviene da reportage fotografici, dove negli anni ottanta si reca in Egitto nell’alta Nubia con “il desiderio di conoscere e approfondire ciò che incontravo: uomini, donne, paesaggi, culture e sentimenti.” Questo senso di riconoscersi in diverse culture senza preconcetti dottrinali apre un orizzonte largo che ritroviamo anche in questa mostra, dove i minimi particolari risplendono di luce, di sogni e d’ingiustizie ancora da colmare che costituiscono una visione antropologica del fenomeno.
Alfredo Allegri
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