Interessante serata al Circolo ARCI dell’Isolotto per la presentazione del libro di Giorgio Santoriello “Colonia Basilicata” che fa toccare con mano il dramma ambientale dell’estrazione petrolifera. Quello che sembra così lontano - il delta del Niger, la Libia, le coste angolane, la Norvegia dove le piattaforme offshore sversano direttamente in mare i rifiuti estrattivi - lo abbiamo serenamente a casa nostra: gli scempi in Val d’Agri dove per anni la mortalità animale è stata del tutto anomala a causa dei rifiuti di lavorazione, dove i pozzi agricoli sono direttamente contaminati dagli idrocarburi, dove le persone si sono ammalate, dove nella zona del campo petrolifero di Tempa Rossa si verificano fenomeni di subsidenza.
Non è facile riassumere efficacemente un libro che è in primis il racconto di una lotta e al tempo stesso un percorso ricchissimo di documentazione e denuncia ma, come ha avuto modo di spiegare il suo autore nel corso della serata, è solo con un duro e assiduo lavoro di studio preliminare e poi di ricerca e monitoraggio sul territorio che si può riuscire a descrivere i molti livelli di devastazione che il petrolio porta con sé: non soltanto quello dell’inquinamento ambientale ma anche la corruzione, la mancanza di trasparenza e le connivenze istituzionali che rendono impossibile persino accedere alle informazioni che siti tanto critici dovrebbero fornire alle comunità. Come è stato più volte ribadito durante la presentazione, il metodo è sempre lo stesso, che si tratti di Africa o di occidente: nessuna regola, comportamenti in palese conflitto di interesse (spesso sono i controllati ad “autocertificarsi” presso i controllori, senza nessuna ulteriore verifica), leggi scritte ad hoc per il settore petrolifero che servono a privatizzare i profitti e rendere pubblici danni e impatti (le porte scorrevoli sono la norma in questo settore), comportamenti criminosi in tema di smaltimento dei rifiuti di lavorazione (per anni sostanze nocive e persino nominalmente bandite dalla UE riversate in natura e ricoperte di terra sulla quale poi si faceva agricoltura), lavorazioni impattanti totalmente fuori controllo come gli scavi in orizzontale che hanno minato la stabilità dei suoli interessati; insomma, in una sola parola, che sia Africa oppure occidente, il risultato è sempre il medesimo: devastazione, disastro ambientale, depauperamento.
A scorrere i vari capitoli del libro si attraversano temi ricorrenti che, come una mortifera coazione a ripetere, abbiamo già letto ogni volta che il tema dello sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi ci sia passato sotto gli occhi: dall’omertà della stampa al ruolo delle ecomafie, dalle connivenze della magistratura alle forze dell’ordine che voltano la faccia dall’altra parte per non vedere, dal lobbysmo dello sfruttamento selvaggio alla mancanza di controllo tutto contribuisce a tenere in piedi un sistema perfetto che in nome del profitto e della speculazione devasta territori, disgrega comunità e produzioni locali (agricoltura, allevamento, turismo), rende lo scempio una sorta di inevitabile sottoprodotto di questa economia del disastro.
Nella stessa sera, a margine della presentazione del volume, diversi sono stati gli interventi che hanno tenuto insieme vari temi con un interrogativo specifico a fare da collante: quanto tempo ci vorrà ancora perché si compia la transizione energetica verso un sistema incentrato sulle rinnovabili e la transizione economica e culturale verso un modello non estrattivista?
Non si è tirato indietro Santoriello - oltre che autore del libro anche co-fondatore dell’associazione Cova Contro che si è presa carico ormai da anni della lotta a livello locale facendo contro-informazione, raccolta dati e citizen science - nell’ammettere che lunga è la strada che porta alla consapevolezza delle questioni e che la lotta continua senza sosta. (https://covacontro.org/)
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